Ed ho finito anche King's Quest 4! Con questo si conclude la quadrilogia dei King's quest a
16 colori e con
interfaccia testuale.
Ricapitolando, ho giocato:
- King's Quest (1984, anche se si dice che ne sia uscita una primissima versione nel 1983)
- King's Quest II: Romancing the Throne (1985)
- King's Quest III: To Heir Is Human (1986)
-
King's Quest IV: The Perils of Rosella (1988)
Anche il quarto capitolo mi è piaciuto parecchio. Più del terzo? Forse no, ma nemmeno di meno. Dopo le critiche ricevute per l'eccessiva difficoltà, la Sierra tornò sui suoi passi e realizzò un titolo
più tradizionale, in linea con i primi due giochi. Niente più complicati incantesimi da preparare e formule magiche da ricopiare con precisione, ma solo il classico girovagare per prati in cerca di oggetti da portare a questo o quell'altro personaggio o da utilizzare per risolvere qualche enigma. Il solito insomma, ma questa volta condito con
grafica a 320x200 ed il
pieno supporto alle schede audio!
Se ciò che più mi aveva emozionato di King's quest 3 era la trama e il gameplay, purtroppo lo stesso non posso dire di quest'ultimo capitolo. Se del gameplay più tradizionalista abbiamo già parlato, della trama c'è poco da aggiungere: dovremo avventurarci in un nuovo regno per recuperare un frutto magico e salvare la vita a nostro padre Graham, re di Daventry, che sembra essere malato.
Niente grandi colpi di scena a questo giro, ma solo il più classico dei pretesti: dopo quanto visto in KQ3, ammetto che mi aspettavo di più da questo punto di vista. Non mancano comunque dei
bei personaggi e il cattivo del gioco, la perfida strega Lolotte e i suoi scagnozzi alati se la giocano con il mago Manannan, anzi forse sono pure meglio. Menzione speciale per le tre streghe con un occhio solo (e che si scambiano tra di loro per poterci vedere!) della caverna a forma di teschio e i fantasmi della casa abbandonata.
Come longevità il gioco fa un'ulteriore passo avanti e credo che si attesti sui livelli di Zak McKracken, proponendo circa il doppio degli enigmi del gioco precedente o almeno così mi è sembrato avendolo giocato per intero per due volte (la prima avevo ottenuto il "finale" negativo).
Ma il vero punto di forza è innegabilmente il lato tecnico. Grazie alla risoluzione raddoppiata,
i fondali sono più dettagliati e non bisogna più faticare cercando di riconoscere gli oggetti che ci sembra di scorgere. I paesaggi hanno più ombreggiature e particolari e in generale l'atmosfera fiabesca/avventurosa rende meglio. Alcuni scorci paesaggistici e alcuni interni mi hanno davvero affascinato. Se nei primi due giochi la bassa risoluzione non era un problema e, anzi, lo stile composto da semplici linee e campiture piatte (che si tracciavano e riempivano davanti al giocatore come fosse un disegno animato all'interno di un libro) era quasi un segno di stile, nel terzo, più complesso, cominciava ad essere un problema. Cercare di riconoscere oggetti con un pugno di pixel a disposizione non era necessariamente piacevole. Unica nota dolente, i primi piani, non sempre eccezionali (per intenderci, quelli della versione EGA di Monkey1 sono su tutt'altro pianeta).
Se da un lato abbiamo la grafica, dall'altro abbiamo la musica. Nei precedenti giochi avevamo a disposizione solo radi beep emessi dallo speaker interno del pc ad esclusione dell'introduzione, dove potevamo avere il privilegio di sentire addirittura qualche nota, qui invece saremo accompagnati nelle varie fasi di gioco da
un buon numero di motivi piacevoli e d'atmosfera e che hanno il pregio, non da sottovalutare in un videogioco, di non risultare mai invasivi. Personalmente mi sono ritrovato già in diverse occasioni a fischietarne qualcuno durante la giornata e questo direi che la dice lunga sulla loro bontà. Non è un caso che la Sierra accolse il supporto alle schede audio con l
'introduzione di elementi musicali anche all'interno del gioco stesso. Durante l'avventura infatti ci capiteranno tra le mani ben quattro strumenti: il liuto di un menestrello, il flauto di un satiro dei boschi, un vecchio organo a canne all'interno di una casa stregata e un fischietto. Questa introduzione della musica su più livelli mi è piaciuta parecchio, l'ho trovata suggestiva.
Se ci giocate con DosBox o con ScummVM, vi consiglio di selezionare la MT-32 come periferica musicale, per ottenere così quella che ritengo la migliore versione della colonna sonora.
Passiamo ora all'interfaccia e alla difficoltà. Nel commento a King's Quest 3 dicevo che quel gioco mostrava i limiti dell'interfaccia testuale, ma non era corretto. Sarebbe meglio dire che quel gioco si spingeva pericolosamente oltre i limiti della stessa, facendola apparire scomoda, inadeguata.
Dopo aver terminato quattro giochi con interfaccia testuale, sono sempre più convinto che questo tipo di interfaccia non sia necessariamente solo il cugino vecchio e barboso del punta e clicca. Sono due mondi differenti, due modi diversi di interazione, ognuno con i suoi pregi e difetti, ma nessuno dei due superiore all'altro. E' un po' come il cinema o la fotografia in bianco e nero. Anche ora che abbiamo i colori, il bianco e nero continua ad affascinare e continua ad essere un mezzo espressivo valido. Solamente un giudizio superficiale e davvero poco cosapevole potrebbe spingerci a sostenere che il bianco e nero è una tecnica obsoleta e da abbandonare. Con l'interfaccia testuale penso sia lo stesso. Non è inferiore al punta e clicca e, anzi, permette un
grado di interazione più libero e allo stesso tempo più affascinante, sacrificando però l'immediatezza. Ripeto, sono due sistemi d'interazione diversi, ognuno con i suoi crismi, ma nessuno dei due superiore all'altro.
Prima di giocare a King's Quest? Ero il primo a pensare che l'interfaccia testuale fosse noiosa e un ostacolo insormantabile tra il giocatore e il divertimento. Sono contento di essermi ricreduto ed avere scoperto questo nuovo, vecchio mondo.
Parlando di interazione e difficoltà, infatti, posso dire che con questo KQ4 l'interfaccia testuale non mi ha dato il minimo problema e là dove mi sono bloccato (ahimè, non ho resistito ed ho guardato le soluzioni per tre o quattro enigmi, ma con più pazienza ci potevo arrivare, tranne forse un paio di casi) è sempre stato per colpa di un
design poco dalla parte del giocatore e mai per un problema "testuale" o di comunicazione col gioco.
Di sicuro il livello di difficoltà non è quello del gioco precedente ed è evidente che Sierra prese in considerazione le proteste ricevute dai poveri giocatori impantanati in KQ3. La maggior parte degli enigmi è ben progettata e costruita su basi quanto meno logiche alla cui soluzione è possibile arrivarci con un po' di
intuizione. Il gioco scorre in maniera piuttosto liscia in questo senso e nel momento in cui trovi un nuovo oggetto hai già un paio di idee su come potresti utilizzarlo per proseguire,
è tutto abbastanza scorrevole ed è piacevole lasciarsi trasportare dal flusso degli enigmi e delle situazioni.
Quello che mi sento di criticare è invece l'utilizzo di uno stratagemma già visto in altri capitoli, ovvero l'utilizzo di
eventi casuali legati alla soluzione degli enigmi, cosa che rischia di confondere il giocatore e che considero un
tentativo di aggiungere difficoltà dove non ce n'è bisogno. Mi spiego meglio con un esempio: ad un certo punto del gioco ci ritroveremo con una canna da pesca a cui abbiamo applicato un verme come esca. Ci appresteremo quindi ad andare al molo a pescare (digitanto FISH il protagonista lancerà l'amo in acqua e attenderà qualche secondo) , per scoprire che i pesci non abboccano. Ora, voi che fareste? Il gioco ci dice "I pesci non sembrano abboccare", sembra un giudizio definitivo, no? Forse stiamo sbagliando qualcosa? Forse quel verme che abbiamo messo non è sufficiente? Questo è quello che il giocatore medio è indotto a pensare, ma la triste realtà è un'altra. Non stiamo sbagliando, stiamo facendo tutto correttamente, ma, semplicemente, il risultato dell'operazione è regolato da una variabile casuale. Può capitare che il pesce abbocchi al primo tentativo, come può capitare che non abbocchi. Questo è un modo perfetto per far rimanere bloccato il giocatore, una scelta di design molto discutibile (la prima volta che ho giocato sono riuscito a risolvere l'enigma semplicemente perchè pensavo di aver sbagliato a scrivere e al secondo tentativo mi è andata bene, ma quando ho rigiocato l'avventura una seconda volta mi ci sono voluti almeno dieci tentativi, se non avessi saputo che stavo facendo bene, mi sarei bloccato!). Il problema è che, sparsi per il gioco, ci sono altre situazioni legate a questo elemento della casualità (provate a trovare la balena al primo colpo!) e il rischio di rimanere bloccati a causa loro è alto.
Se questi enigmi un po' biricchini possono mettervi il bastone tra le ruote in occasioni tutto sommato limitate e accettabili, c'è un'altra forma di difficoltà che veramente ho trovato fuori luogo:
l'osssesione di Roberta Williams per le scale e i dirupi. Dover stare attenti a non cadere nella palude dei coccodrilli o nei crepacci nei primi giochi era qualcosa di divertente e, se vogliamo, elemento caratterizzante il genere e il suo essere ancora in una fase primitiva: erano tra le prime avventure grafiche mai realizzate, il fatto che fossero ancore legate ad elementi "arcade" era più che normale. Ma, giunti al quarto gioco, morire decine di volte perchè cadi da una comunissima scala a chiocciola è qualcosa che risulta totalmente innaturale e fuori luogo in un avventura grafica.
Perchè deve essere così difficile salire una scala in un gioco dove affronti orchi, streghe e fantasmi? Ma in fondo basta salvare spesso e il problema è risolto. Solo... è un po' strano.
Facendo un bilancio,
il gioco non sorprende particolarmente per l'originalità della trama o per colpi di scena che mantengano viva l'emozione, ma ha dalla sua un comparto tecnico di tutto rispetto e una giocabilità forse mai raggiunta dai precedenti episodi. Pur non eguagliando il capitolo uscito un paio di anni prima in termini di design o di novità di gameplay, lo considero un suo degno seguito e lo pongo sullo stesso livello di preferenza.
Oltrettutto, considerando il disegno generale della saga in questa sua prima fase,
questo quarto capitolo conclude ottimamente un ciclo cominciato nel 1984 e proseguito nei due giochi successivi, ovvero la storia della famiglia reale di Daventry: nel primo infatti aiutiamo Graham a diventare re, nel secondo lo aiutiamo a salvare la sua futura sposa Valenice e negli ultimi due capitoli comandiamo i loro figli Alexander e Rosella, degni eredi del padre nel segno dell'avventura. Il quinto capitolo poi ci rivedrà nuovamente al comando di Graham, come se un nuovo ciclo ricominciasse.
Sono sicuro che più avanti proseguirò a giocare anche gli altri episodi della saga, ma per il momento mi prendo una pausa. Non vorrete mica che io faccia indigestione! A presto Graham..
Per ora posso dire di essere davvero contento di aver avuto l'occasione di scoprire questa saga e sono sicuro che me la porterò nel cuore per un bel po' di tempo. Sono state le mie prime avventure grafiche della Sierra e le mie prime avventure grafiche ad interfaccia testuale: mi si è aperto un mondo, sul serio, e so che ho ancora un sacco da esplorare e tante altre saghe in cui avventurarmi. Ne vedremo delle belle.
Prima o poi mi deciderò a scrivere un paio di articoli o recensioni più dettagliate su questi giochi, ho un paio di riflessioni che vorrei sviluppare, magari ci penso mentre me li rigioco. Per il momento, però, questo è tutto.