Nel mondo del gaming molti giochi rompono la quarta parete e creano un punto di contatto con il pubblico: analizziamo alcuni esempi.
Questo articolo scritto da Alessandro Magrassi di everyeye.it è semplicemnte spettacolare. E quindi perchè non condividerlo con tutti voi…………
Immaginate di osservare uno spettacolo teatrale: tra il pubblico e gli attori sul palcoscenico esiste una barriera, invisibile ma invalicabile, che separa la dimensione della realtà da quella dell’interpretazione fittizia. Per quanto coinvolgenti, interessanti e interattivi possano essere, gli eventi che “viviamo” nelle opere di finzione si svolgono sempre su un piano dimensionale diverso rispetto a quello in cui si trovano gli spettatori, che sono considerati sacri ed inviolabili: per comprendere più facilmente questo concetto, torna molto utile l’immagine della cosiddetta quarta parete. All’interno di un teatro, ciò che forma il palco è costituito da tre pareti (due laterali e una in fondo), con la quarta (totalmente simbolica) che mantiene i fruitori distanti dall’esibizione.
La sua funzione è infatti proprio quella di tenere costantemente distaccato il pubblico dagli attori, che a loro volta sono obbligati ad ignorare gli spettatori per concentrarsi sulla performance. Ma cosa accade quando questo muro si rompe? Di solito la rottura avviene tramite determinati espedienti: un protagonista che parla direttamente alla platea, o che attivamente riconosce di essere lui stesso un personaggio di fantasia sono solo alcuni esempi dei metodi usati per frantumare l’ostacolo che si erge tra l’opera ed i suoi destinatari. L’idea della quarta parete è comune a tutti i media, dal cinema al videogioco: ed è proprio sul settore del gaming che abbiamo deciso di concentrarci, proponendovi quattro esempi estrapolati da quei titoli che, più degli altri, hanno osato varcare la parete, scendendo dal loro palco digitale per entrare in contatto virtuale (ma non solo) con noi giocatori.
Un Serpente ed uno Spaventapasseri
Senza ulteriori indugi, giungiamo subito al cuore del nostro discorso. Scommettiamo infatti che la maggior parte di voi lettori arrivati a questo punto, soprattutto quelli che non rientrano più nella categoria dei “giovanissimi”, sta già scalpitando e non vede l’ora di leggere almeno uno dei seguenti nomi: Metal Gear Solid, Hideo Kojima, Psycho Mantis, memory card. È innegabile infatti che uno dei più famosi e apprezzati esempi di rottura della quarta parete sia proprio quello presentato nel primo storico capitolo di Metal Gear Solid per Playstation One, durante la boss fight con Psycho Mantis.
Tra le innumerevoli volte in cui la saga di Snake stuzzica il giocatore e si rivolge direttamente a lui, questa è certamente la più iconica. Il nostro telepatico nemico prima di sfidarci vuole offrirci un assaggio piuttosto succoso dei suoi poteri psichici: non solo leggerà la nostra memory card commentando la nostra prudenza e attitudine di gioco in base al numero di salvataggi effettuati, ma qualora al suo interno si trovassero dati relativi ad altri prodotti Konami (quali Castlevania, Suikoden e Azure Dreams) ci farà notare la nostra passione verso la software house nipponica, arrivando addirittura a nominarla. Ma non è certo finita qua: Pyscho Mantis infatti valuterà perfino il nostro modo di giocare, a seconda di quante trappole siamo riusciti ad evitare e quanti soldati nemici abbiamo neutralizzato fino a quel punto.
Tramite Blackout, uno dei suoi poteri, ci farà credere di aver cambiato canale, rendendo lo schermo interamente nero, lasciando solo la scritta verde HIDEO con quel font tipico dei TV a tubo catodico degli anni ’90. Se utilizziamo un Dualshock, ci imporrà di metterlo per terra cosi da poterlo muovere con il potere della sua mente, attivandone la vibrazione. Dopo qualche fallimento, sarà il colonnello Campbell in persona a suggerirci di inserire il controller nella seconda porta della Playstation, in modo da impedire a Psycho Mantis di leggerci nella mente ed evitare quindi tutti i nostri attacchi. Insomma, questo scontro è un vero e proprio festival della rottura della quarta parete, nonché uno dei momenti più memorabili della storia dei videogiochi.
Facciamo un bel salto in avanti nel tempo ma rimaniamo in tema di cattivi e andiamo a disturbare per un attimo Jonathan Crane, alias Scarecrow, nemico giurato di Batman. In Arkham Asylum, capolavoro targato Rocksteady, lo Spaventapasseri si spinge davvero molto in là nella sua crudeltà: tutto normale se la vittima fosse Batman, ma in questo caso è il giocatore stesso a cadere nella sua trappola. Infatti, poco dopo che Il Cavaliere Oscuro viene avvelenato con il suo gas, il povero giocatore viene crudelmente ingannato e portato a credere che il gioco abbia subito un improvviso crash, grazie ad un inaspettato freeze della schermata e al conseguente restart del software. Vivremo quindi di nuovo il filmato iniziale, che si differenzia dall’originale “solamente” per l’inversione dei ruoli di Joker e Batman, con quest’ultimo che viene trasportato all’interno della prigione di Arkham dalla sua folle nemesi per essere poi ucciso a sangue freddo con un colpo di pistola. L’episodio assume connotati ancora più crudeli se contestualizzato a livello cronologico: a quei tempi infatti il famigerato Red Ring of Death stava spopolando tra molti possessori di Xbox 360, e siamo sicuri che le coronarie di innumerevoli giocatori siano state messe a dura prova a causa di questo scherzetto.
L’ironia e l’orrore
Un’altra saga che ha fatto della rottura della quarta parete uno dei suoi punti di forza è quella di Monkey Island, che ha dato vita ad alcune delle sequenze più bizzarre e divertenti del mondo delle avventure grafiche. L’esempio più riuscito è probabilmente quello presente nel secondo capitolo della saga, Le Chuck’s Revenge, in cui il biondo Guybrush chiama il servizio clienti della LucasArts da un telefono installato su un albero nel bel mezzo della giungla di Dinky Island, per chiedere aiuto dopo essersi perso nei suoi meandri.
La scenetta che ne consegue è semplicemente fantastica: un tale Chester risponderà a tono alle varie opzioni di dialogo che il gioco mette a disposizione del giocatore, con tanto di riferimenti al primo capitolo (di cui uno rappresenta un’ulteriore rottura della quarta parete, in una sorta di Inception meta-referenziale), domande esistenziali e richieste di giustificare il costo troppo elevato dei giochi d’avventura. Un tripudio di geniale ironia, a cui la saga di Monkey Island ci ha sempre abituati.
Abbiamo visto quindi come l’humor caratterizzi il principale effetto che questa tecnica genera, ma non è certo l’unico: è possibile infatti che questa induca nel giocatore sentimenti totalmente opposti, quali paura, tensione e insicurezza.
È questo il caso infatti di un altro grandissimo gioco, sicuramente meno conosciuto rispetto ai precedenti: stiamo parlando infatti di Eternal Darkness: Sanity’s Requiem, horror psicologico pubblicato su Game Cube da Nintendo, che rompe la quarta parete in maniera davvero creativa. Quest’opera, ispirata all’horror di matrice lovecraftiana, costringeva il giocatore a gestire saggiamente la barra della sanità mentale del suo personaggio, tristemente destinata a calare man mano che questo veniva esposto agli spaventosi eventi e situazioni che era costretto ad affrontare.
Se in alcuni frangenti questa meccanica causa “solo” terribili allucinazioni, andando quindi ad “attaccare” il personaggio e non il giocatore, in altri è proprio quest’ultimo a diventarne vittima: il crudele gioco infatti gli farà credere di aver cancellato tutti i salvataggi, farà apparire a schermo il blue screen of death e lo prenderà in giro abbassando gradualmente il volume di gioco, con tanto di barra e tacche che diminuiscono. Se contestualizzato nell’atmosfera dell’avventura, un vero e proprio capolavoro dell’horror psicologico, capirete bene quanto tutto ciò fosse estremamente efficace per destabilizzare il giocatore.
Potremmo andare avanti con decine di altri esempi, tanti sono i giochi che hanno fatto ricorso alla rottura della quarta parete, ma per evitare di proseguire ad oltranza dobbiamo necessariamente fermarci qui. Non prima, però, di averla frantumata un’ultima volta rivolgendoci direttamente a voi lettori: quali sono i titoli che hanno maggiormente segnato la vostra esperienza videoludica, abbattendo la barriera tra l’opera ed il pubblico? Scrivetecelo nei commenti!